Agricoltura e alimentazione nel prossimo futuro

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Da più parti si parla di “diritto al cibo”, affermazione che assume soltanto un mero significato ideologico se non fosse completata da il “dovere di produrlo”. La scarsità di superfici su cui coltivare rappresenta un vero collo di bottiglia a cui si può solo in minima parte rispondere riammettendo alla coltivazione i circa 250-300.000 ettari immobilizzati dal “set aside”, per lo più di scarso valore agronomico. Si constata in primo luogo che la fame nasce dalla povertà mentre la sicurezza  alimentare dipende dal potere d’acquisto e non solo dalla disponibilità fisica di alimenti. La risoluzione del problema sta nella constatazione che non c’è un uguale accesso agli alimenti indispensabili. Nei Paesi a basso reddito (oltre 3 miliardi di  persone) dove il 65% della popolazione è di origine rurale e gli alimenti sono di loro produzione, trattandosi di sussistenza, in teoria non ne dovrebbero acquistare e l’eventuale fame è solo frutto di una insufficiente produzione! A fronte di una crescita demografica quasi certa, nei prossimi 30 anni, si pongono dei quesiti a cui non è sempre facile rispondere in concreto. Gli interrogativi essenziali sono tre: di quanto aumentare le rese di prodotto, cosa produrre rispettando l’ambiente e dove produrre? Nel settembre scorso presso l’Università di Padova si è svolto il 51° convegno annuale della SIA (Società Italiana Agronomia) che ha trattato il tema “Agriculture and food availability in 2050” alla presenza di oltre 180 agronomi iscritti, tra cui molti giovani. Approfittando di questo evento l’Accademia dei Georgofili del Nord-Est ha ritenuto opportuno discutere di un argomento così rilevante e attuale con dei rappresentanti del mondo della ricerca e degli stakeholders appartenenti al mondo produttivo. La giornata di studio ha dunque come obiettivo la presentazione delle principali innovazioni di ricerca agronomica in rapporto alle sfide, esigenze e richieste poste da alcuni settori produttivi.

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